LA PIZZA IN PALA
La pizza alla pala nasce nei forni di Roma e del Lazio tra gli anni ’60 e ’70 con due versioni principali: bianca e rossa.
La bianca già da allora era condita solamente con olio e sale, ma ci si poteva mettere su un po’ di origano o rosmarino. A volte poi veniva sfornata la versione con le olive, rigorosamente verdi, ma era una fortuna trovarla. Ricordo che da bambino, quando mordevo la parte con l’oliva e la pozzetta di olio che si era creata tra una piega e l’altra dell’impasto, ero felice di essere al mondo.
Ricordo che la proprietaria del forno dove mia madre andava a prendere il pane faceva il giro del bancone e portava una strisciolina gratis di pizza a me, che ero sul passeggino. Erano cose davvero belle e quella era per me la svolta della giornata, il vero senso della vita.

Dopo la versione bianca c’era la rossa, che invece era condita con pomodoro, olio e sale. Anche qui ci si poteva aggiungere un po’ di origano o aglio, ma non era comunque scontato che ci fossero.
Entrambe le pizze erano di solito realizzate con lo stesso impasto del pane avanzato ai fornai, ma con gli anni ci si è evoluti sia nella tecnica di preparazione che nei condimenti e sono nati impasti e farine dedicate a questo splendido prodotto tutto capitolino, con radici giovani ma molto ben radicate nella cultura di noi romani.
Oggi in tutti i forni di Roma e del Lazio è quasi scontato trovare un banco dedicato solo alla vendita della pizza in pala: si acquista velocemente al peso, è molto buona scaldata ma anche fredda purché fina, è perfetta e rigenerante per una pausa pranzo veloce o come vero e proprio pasto principale, ma si usa molto mangiarla anche tra le 9 e le 11 per la fame di ”mezza mattina”.
Anche per l’aperitivo pomeridiano è molto apprezzata a Roma come del resto un po’ in tutta Italia, dove le interpretazioni sono tantissime: spesso disastrose e indigeste, ma frequentemente molto buone e ben fatte.
Ancora oggi a Roma, nonostante le mille proposte di condimenti, la tradizione vede in cima due tipologie di farcitura.
La prima è la base bianca farcita con abbondante mortadella, la seconda con patate, olio, sale integrale e rosmarino. Basta!
Quando penso alla pizza in pala mi vengono in mente due posti in particolar modo, oltre al fornaio di mia madre che era comunque fuori Roma.
Il primo è il piccolissimo forno Panella a Trastevere. Non so in quanti lo ricorderanno, ma io lo ricordo bene eccome.
Era a due passi dall’ospedale Nuova Regina Margherita, dove mio padre lavorava all’epoca come Radiologo, e faceva una pizza assurda per quei tempi: stesa con farina di frumento, ne usavano talmente tanta che rimaneva tutta attaccata alla base. Tecnicamente era sbagliato lasciare tutta quella farina sotto la base della pizza, in quanto durante la cottura tendeva a bruciare e a prendere un sapore molto amaro, ma nonostante tutto ricordo che era straordinaria
e che al morso era finissima, croccante e la salsa di pomodoro usciva ovunque.

Le labbra si sporcavano di farina tostata e di sugo, per non parlare della maglietta! Era tutto molto bello e pieno dei profumi di quella Roma vecchia e stronza che porto sempre nel cuore.
